Dicembre 9, 2011 | ||
9:00 pm | a | 11:00 pm |
Dicembre 10, 2011 | ||
9:00 pm | a | 11:00 pm |
Altrove Teatro
presenta
Andrea Giorgi e Marcello Sbigoli
in
Desert Street
Di Bruno Magrini e Alessandro Bini
regia
MARCO PREDIERI
CON
Chiara Ciofini, Marco Guerrini e “Bart” Bartolomeo Bartolini
NOTE DI REGIA
Tempo e spazio non definiti… In questo testo scritto da due geniali autori fiorentini, Alessandro Bini e Bruno Magrini, si cela la commedia stessa della vita, o per lo meno il negativo di un positivo spesso troppo esibito. No, non è che nelle vicende di questi quattro disgraziati (più uno, che forse ancora non sa cosa lo aspetta) chiunque vi si possa facilmente riconoscere, ma nei nostro protagonisti sono instillati come gocce molti piccoli e grandi segni distintivi del nostro stesso approcciarci alla vita, delle nostre piccole e grandi meschinità, dei nostri più o meno futili egoismo, ma soprattutto delle nostre più intime e strutturali necessità di esseri umani. Qui siamo ai margini della società ed è forse per questo più facile mettere a nudo le mancanze, le negazioni e le relative aberrazione che da esse derivano quando il viaggio terreno si perde in luoghi indefiniti, in lande deserte (o quasi) dell’anima dove i sentimenti sono confusi e sfocati e dove i casi della vita, o il nostro stesso non esserle funzionali ci conducono, dove ci conducono le delusioni, le paure, l’indolenza. Al centro della scena troviamo due personaggi ciechi, del cui destino pregresso conosciamo pochissimo o nulla, li cogliamo nel loro tempo presente, mentre per puro spirito agonistico, o per ammazzare un tempo ingrato e troppo uguale a se stesso, giocano una grottesca partita a scacchi. Con loro vivono una prostituta e il suo protettore. L’orizzonte è quasi beckettiano, ma i dialoghi sono comprensibilissimi e la situazione si fa sempre più chiara. Tuttavia sviscerare la trama sarebbe come rompere l’equilibrio perfetto di questa bella pagina di drammaturgia contemporanea, dove la parola e i dialoghi rivestono un’importanza primaria, com’è giusto che sia nel teatro con la T maiuscola, e dove ogni richiamo apparentemente surreale in realtà ha profonde radici nelle possibilità più concrete a cui la nostra condizione ci espone.
(Marco Predieri)